Per un corretta analisi dell’ investimento quale conseguenza di una acquisizione immobiliare al fine di concretizzare il rapporto tra “ricavi” e “costi” cioè il reddito operativo netto (NOI net operatine infacome) è necessario valutare alcune particolari clausole dei contratti di locazione che, ad un primo approccio, potrebbero far ritenere semplice la via della risoluzione immediata del contratto a causa di una morosita’ in essere e cioè senza dover sottostare alla possibilita’ di sanatoria prevista per non più di tre volte nel corso del quadriennio contrattuale.
Infatti l’art. 55 della legge sull’equo canone (l. 392/78) non abrogato dalla nova legge sulle locazioni ad uso abitativo (l.431/98) prevede che il conduttore, qualora convenuto in giudizio con lo sfratto per morosità, per essere inadempiente al pagamento del canone di locazione ovvero degli oneri accessori, possa sanare per tre volte la morosità.
In pratica, il conduttore si presenta in udienza, chiede il termine per sanare la morosità che il giudice concede, con l’onere di versare anche gli interessi e le spese del giudizio.
Per evitare la suddetta procedura e addivenire immediatamente all’ordine di rilascio dell’immobile è invalso l’uso di inserire nei contratti di locazione una clausola risolutiva espressa ai sensi dell’art. 1456 c.c.. Con tale clausola si subordina espressamente la risoluzione immediata del contratto di locazione al verificarsi anche di un solo mancato pagamento del canone di locazione, ritenendosi così di escludere la possibilità di sanatoria prevista dal citato articolo 55 (l.392/78).
Ciò però non è possibile.
Tralasciando la tecnica processuale per addivenire alla pronuncia di risoluzione (sfratto ex art. 658 cpc ovvero domanda di risoluzione ex art. 1453-1456 c.c.), la Corte di Cassazione ha stabilito il principio secondo il quale la sanatoria della morosità prevista dall’art. 55 (l.392/78) in relazione al mancato pagamento del canone di locazione è ammessa anche se le parti abbiano pattuito la clausola risolutiva espressa. L’art. 55, si ritiene, contenga disposizioni di ordine pubblico che non possono essere derogate da private pattuizioni (Cass.6995/86).
Il principio è stato poi ribadito dalla Corte Costituzionale (sent. 21.1.1999 n.3) proprio in relazione alla seconda “tecnica processuale” citata, cioè un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento. Su tale punto si è poi espressa la Corte di Cassazione con la sentenza 2087/00 confermando i suddetti principi.
Concludendo, valutare i contratti di locazione con alta possibilità di scioglimento in conseguenza della presenza di una clausola risolutiva espressa e ciò nel senso di ritenere possibile liberare in tempi brevi l’immobile per poi ottenere il massimo dall’investimento, non è corretto poiché la clausola non è valida.
Voi & Partners - Diritto immobiliare, diritto famiglia, successioni, obbligazioni, contratti, risarcimento danni, proprietà e possesso, assicurazioni, diritto del lavoro, diritto penale, diritto sportivo, acquisizioni e cessioni aziende, recupero crediti, consulenza, tutela giudiziaria, diritto fallimentare, verona